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Marketing

Per chi è nato negli anni settanta, l’eroina è la grande paura.

Prima della bomba atomica, prima dell’AIDS, era l’eroina il vero uomo nero, quello che i genitori insegnavano a temere.
Dopo la sbornia di droghe dei fricchettoni, gli abusi di ogni genere di sostanza in modo più o meno ideologico degli anni sessanta, nel decennio successivo abbiamo dovuto a fare i conti con i giovani che cadevano a manciate sotto la falce della droga.
Christiane F., sceneggiati in tv, immagini sparse di una realtà sussurrata e scandalosa, inquietante e sporca. Il tossico era quello che finiva male, per la strada, solo, con un aspetto raccapricciante. Che si abbassava a qualunque tipo di violenza e abbrutimento per procurarsi la roba. Rappresentava, per certi versi, la summa delle angosce umane. La degradazione, la perdita del controllo, l’orrore del nulla.
È innegabile che il grande impegno non solo nel creare paura ma soprattutto nell’informare sui rischi della droga con sportelli, campagne, opuscoli e lezioni nelle scuole abbiano sensibilmente ridotto la portata del fenomeno; con i radiosi anni ottanta e l’edonismo reaganiano abbiamo un po’ annacquato le paure edulcorando tutto quel buio nelle fantasie colorate di Naj Oleari e nel trucco pesante delle popstar.
Ma l’industria della droga è un sistema economico molto forte e non si lascia sbaragliare facilmente. Secondo precise strategie di marketing, il panorama della distribuzione si è
modificato, ha accordato i suoni e ha ripreso a vendere, comunque.

Mi spiega Margherita che dopo la cocaina degli anni Novanta, dopo l’ondata delle droghe sintetiche eccitanti che faceva quasi figo usare, c’è ora un ritorno all’eroina. “Soprattutto tra i più giovani: ci si avvicinano con un’incosapevolezza disarmante, senza avere la minima idea della gravità del passo che stanno per compiere. C’è una sorta di analfabetismo di ritorno rispetto a questo genere di droghe che fa sinceramente impressione. A questo va aggiunto che chi vende ha abbassato drammaticamente il prezzo, e lo smercio avviene in pezzi molto piccoli, così che con pochi euro puoi farti. Ma la cosa più furba è che all’inizio non te la inietti, la fumi. Questo non ti fa sentire un tossicone da strada. Ti da la sensazione che sia un’esperienza transitoria, come altre, perfettamente controllabile. Ma l’eroina non la controlli mai. Ti prende subito. È il miglior fidelizzatore che ci sia sul mercato”.

Studenti normali, adolescenti e giovani di famiglie qualunque. Che, semplicemente, non sono consapevoli del pericolo. Per loro non ci sono le implicazioni sociali, la scelta, la rabbia, l’ideologia, il salto. È piuttosto uno scivolarci dentro senza rendersene conto. È fumare l’ennesima sostanza, un po’ più forte, l’arrivo di un percorso di sperimentazione cominciato anni prima.

Sperimentazione: una parola bellissima dai contorni tragici. Soprattutto se sei solo.

“I genitori non si rendono conto. Spesso anche quando ci sono non vivono il figlio diciottenne eroinomane come una tragedia. Un tempo si spaventavano. Fermavano tutto, volevano entrare nel problema, con tutto il carico di paura che comportava. Ora sembrano non rendersi conto. Non hanno tempo. Dopo qualche minuto di attesa sollecitano la conclusione, perché devono andare a lavorare”.

Ci sono aree di smercio ben precise, verso cui i ragazzi si dirigono costantemente, facilmente individuabili. Vere e proprie promenade della droga, dove si acquista con una semplicità impressionante. Nessun sotterfugio, nemmeno il pellegrinaggio delle sentinelle, che serve da barriera di sicurezza e che, evidentemente, significa che esiste il pericolo di un controllo. Qui, il controllo non esiste. I ragazzi si mettono in fila alla luce del sole, contrattano e se ne vanno con i loro acquisti.

Normalizzazione dell’accesso. Marketing strategico. Vuoto relazionale. Economia.

Informazioni su Sabrina

Ascolto e racconto. twitter: https://twitter.com/sabrinacarollo

Una risposta a “Marketing

  1. Una riflessione che condivido e che continua a ronzarmi dentro. Brava.

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